sabato 3 novembre 2007

38 mila al via nella maratona dei record

NEW YORK – Tutti i record quest’anno sono stati battuti. Dire «la solitudine del maratoneta», come il titolo di quello stupendo racconto dello scrittore inglese Alan Sillitoe, quando si aspetta al freddo, nel buio dell’alba autunnale, il segnale della partenza sul ponte di Verrazzano, soffocati da tutte le parti in mezzo alla folla dei 38.000 che si sono dati convegno quest’anno per partecipare alla maratona più famosa del mondo, può sembrare una frase priva di senso. Invece è così. All’ultimo momento, in attesa del via, ognuno dei trentottomila vive in una specie di strana euforia che gli fa credere di essere il solo a tentare.

Un uomo o – sempre più spesso – una donna (il 34%) che si sente protagonista di una sfida alla fatica dei muscoli, al cronometro e perfino all’età. Ne sa qualcosa la britannica Paula Radcliffe, 33 anni, primatista mondiale con il tempo di 2 ore, 15 minuti e 25 secondi, ottenuto nella maratona di Londra del 2003. A New York l’atleta aveva deciso di correre anche quest’anno, per «darsi la carica» in attesa delle Olimpiadi del 2008, quando era in tutt’altre faccende impegnata, incinta di sette mesi e in attesa del suo primo bambino, che è poi risultata essere una bambina, Isla che è nata il 17 gennaio scorso. Si può essere al tempo stesso madri e campionesse olimpioniche? I ginecologi, i genetisti e i pediatri probabilmente lo sconsiglieranno. Ma Paula, come aveva già fatto dopo l’umiliante ritiro dell’Olimpiade di Atene, quando a trentun anni molti la davano per finita, ha deciso di non ascoltarli.

Mappa e numeri della Maratona di New York

Nelle maratone lo spirito è questo, a tutti i livelli agonistici e a tutte le età. Anche se sul ponte di Verrazzano, a seconda del grado di preparazione e del livello atletico, i concorrenti, come sugli aerei, vengono divisi in tre classi. In testa, nel settore «rosso» sono irreggimentati i potenziali campioni, che corrono molto più in fretta e che non devono trovarsi bloccati in mezzo alla massa. Poi seguono i corridori di medio livello nel settore «verde» e, all’ultimo posto, nel settore «blu» quelli per i quali anche il fatto di partecipare rappresenta un successo.

Ma a parte l’aspetto agonistico nella maratona di New York c’è dell’altro. Nell’edizione di quest’anno, a parte gli Stati Uniti che come padroni di casa sono il gruppo di gran lunga più numeroso, l’Italia con 3700 partecipanti occupa il secondo posto fra le concorrenti straniere, dopo la Gran Bretagna. E fra le città italiane, con 400 partecipanti fra cui circa 130 donne, Milano è la prima, con presenze significative non solo atletiche ma politiche, come l’assessore allo Sport del Comune di Milano Giovanni Terzi e l’onorevole Maurizio Lupi, esperto in problemi dell’inquinamento metropolitano.

Un’iniziativa importante è stata inoltre a Milano l’idea di legare la partecipazione alla maratona con la raccolta di fondi a favore dell’Associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo. E’ un aspetto, questo, che negli Stati Uniti è enormemente incoraggiato, anche con incentivi fiscali. Ma la Maratona di New York, anche se gestita senza fini di lucro, è anche divenuta un notevole business che quest’anno ha incassato, fra quote di partecipazione e altri diritti, 27 milioni di dollari (19 milioni di euro) con un utile stimato in 6 milioni di dollari (4,2 milioni di euro).

Dietro il boom delle maratone, alle quali negli Stati Uniti lo scorso anno hanno partecipato più di 400.000 persone di reddito alto, ruotano poi gli enormi interessi delle industrie dell’abbigliamento, delle attrezzature sportive e degli alimenti e integratori speciali. Si spiega così anche l’interesse del gruppo bancario-assicurativo olandese Ing (il quinto per importanza in Europa, davanti all’Unicredito) che quest’anno ha sponsorizzato la maratona di New York consentendole di offrire ricchi premi ai partecipanti per complessivi 700.000 dollari (490.000 euro), di cui 130.000 dollari (90.000) per il primo classificato.

Renzo Cianfanelli

Fonte www.corriere.it

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