Fossimo su un palco di cabaret, tentando - ovviamente senza risultato - di fare dello spirito, potremmo dire che si è trattato di un regalo di Natale anticipato. Il più bello, o uno dei più belli, che l'atletica italiana potesse chiedere all'uomo con la barba bianca. Il ritorno, convinto e (abbastanza) convincente di uno dei suoi uomini-copertina: il campione olimpico Stefano Baldini. Non sappiamo se New York - intesa come maratona - ce lo abbia restituito rigenerato nel fisico (in realtà c’è da dubitarne, considerato ciò che significa dal punto di vista fisiologico portare a termine una 42 chilometri); ma certamente ce lo ha ridato ricostruito nel morale, provvisto addirittura di quel pizzico di spavalderia che nello sport, ai massimi livelli, davvero non guasta. Ora il reggiano bicampione d’Europa può guardare con ottimismo al 2008, all’anno che verrà, e soprattutto all’Olimpiade di Pechino. Laggiù, Baldini si presenterà da campione in carica, defending champion, con tutto il carico di attese che la qualifica, inevitabilmente, comporta. Ma grazie a quanto dimostrato domenica scorsa a Central Park, l’azzurro potrà costruire l’assalto olimpico anche senza quella specie di peso sullo stomaco che gli ultimi dodici mesi passati a tribolare – tra infortuni e rinunce – avevano contribuito a produrre.
“Ad essere sincero – racconta Baldini, appena rientrato dall’America – a mente fredda sono confortato soprattutto dalla classifica. Da un punto di vista più tecnico, mi rendo conto che le quasi due ore e dodici con cui ho chiuso la gara non costituiscono nulla di particolarmente esaltante. Certo, quando concretizzi, quando i risultati ti danno ragione, va meglio: è stata una gara difficile, senza lepri, tutta tattiche e scatti, e vedere alla che fine io ci sono ancora, là, nelle posizioni di testa, davvero mi conforta”. Sono soprattutto un paio di cose ad aver fatto sorridere Baldini: “L’aver constatato che alcune delle mie migliori qualità sono ancora lì, integre: mi riferisco alla capacità di “leggere” la gara, e al saper soffrire in fondo, quando le energie vengono meno. Detto questo, sono cosciente del fatto che la strada da fare sia ancora lunga”. L’azzurro mette nel mirino, dopo i pregi, anche i difetti: “Soprattutto uno: la mia meccanica di corsa. Attualmente non è al massimo, rispetto al passato, i piedi sono meno brillanti, e questo vuol dire che per sostenere le stesse velocità di corsa devo spendere più energie, arrivando quindi prima con il serbatoio in rosso. Dovrò lavorare soprattutto su questo, nel 2008, per essere competitivo, e, ovviamente, sperare di potermi allenare con la giusta continuità”.
Il 2007 si chiude dunque con auspici diversi da quelli, temuti, a metà anno: “Devo ringraziare anche la Federazione, che ha continuato a sostenermi in ogni momento, allo staff che ha lavorato con me senza soste. A 36 anni i progetti devono essere per forza di cose pluriennali: l’Olimpiade, quello è sempre stato l’obiettivo, anche nel corso di quest’anno, anche quando le cose, in una prospettiva a breve termine, sembravano volgere al peggio”. Il 2008 vedrà Baldini percorrere le stesse tappe di preparazione. O quasi. “Ci stiamo ancora pensando, ma io ho anche l’idea di fare qualcosa di diverso. Sento sempre più il bisogno di lavorare in compagnia, con qualcuno in grado di dare i giusti stimoli. E allora perché non il Kenya? Perché non buttarsi in mezzo ai tanti che laggiù sanno come correre la maratona? Mi piacerebbe, e anzi, spero che qualche azzurro sappia conquistare, nelle maratone che restano da qui alla fine dell’anno, un buon risultato, per potersi inserire in questo progetto di preparazione. Vedremo. In ogni caso, chilometri e quota saranno la ricetta di sempre, evitando però quei ritmi estremi che il mio organismo sembra proprio non digerire più”. Un solo timore, per l’Olimpiade: “Che spostino, per i problemi di inquinamento, la data di svolgimento delle maratone. Ne ho letto sui giornali americani, e sembra che si stia prendendo in seria considerazione la cosa. Sarebbe un vero peccato. Come togliere una bella fetta di significato a quella gara”.
Marco Sicari
Nelle due foto, Stefano Baldini alla maratona di New York. Nell'immagine in basso, il reggiano è con l'altro azzurro Ruggiero Pertile (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)
“Ad essere sincero – racconta Baldini, appena rientrato dall’America – a mente fredda sono confortato soprattutto dalla classifica. Da un punto di vista più tecnico, mi rendo conto che le quasi due ore e dodici con cui ho chiuso la gara non costituiscono nulla di particolarmente esaltante. Certo, quando concretizzi, quando i risultati ti danno ragione, va meglio: è stata una gara difficile, senza lepri, tutta tattiche e scatti, e vedere alla che fine io ci sono ancora, là, nelle posizioni di testa, davvero mi conforta”. Sono soprattutto un paio di cose ad aver fatto sorridere Baldini: “L’aver constatato che alcune delle mie migliori qualità sono ancora lì, integre: mi riferisco alla capacità di “leggere” la gara, e al saper soffrire in fondo, quando le energie vengono meno. Detto questo, sono cosciente del fatto che la strada da fare sia ancora lunga”. L’azzurro mette nel mirino, dopo i pregi, anche i difetti: “Soprattutto uno: la mia meccanica di corsa. Attualmente non è al massimo, rispetto al passato, i piedi sono meno brillanti, e questo vuol dire che per sostenere le stesse velocità di corsa devo spendere più energie, arrivando quindi prima con il serbatoio in rosso. Dovrò lavorare soprattutto su questo, nel 2008, per essere competitivo, e, ovviamente, sperare di potermi allenare con la giusta continuità”.
Il 2007 si chiude dunque con auspici diversi da quelli, temuti, a metà anno: “Devo ringraziare anche la Federazione, che ha continuato a sostenermi in ogni momento, allo staff che ha lavorato con me senza soste. A 36 anni i progetti devono essere per forza di cose pluriennali: l’Olimpiade, quello è sempre stato l’obiettivo, anche nel corso di quest’anno, anche quando le cose, in una prospettiva a breve termine, sembravano volgere al peggio”. Il 2008 vedrà Baldini percorrere le stesse tappe di preparazione. O quasi. “Ci stiamo ancora pensando, ma io ho anche l’idea di fare qualcosa di diverso. Sento sempre più il bisogno di lavorare in compagnia, con qualcuno in grado di dare i giusti stimoli. E allora perché non il Kenya? Perché non buttarsi in mezzo ai tanti che laggiù sanno come correre la maratona? Mi piacerebbe, e anzi, spero che qualche azzurro sappia conquistare, nelle maratone che restano da qui alla fine dell’anno, un buon risultato, per potersi inserire in questo progetto di preparazione. Vedremo. In ogni caso, chilometri e quota saranno la ricetta di sempre, evitando però quei ritmi estremi che il mio organismo sembra proprio non digerire più”. Un solo timore, per l’Olimpiade: “Che spostino, per i problemi di inquinamento, la data di svolgimento delle maratone. Ne ho letto sui giornali americani, e sembra che si stia prendendo in seria considerazione la cosa. Sarebbe un vero peccato. Come togliere una bella fetta di significato a quella gara”.
Marco Sicari
Nelle due foto, Stefano Baldini alla maratona di New York. Nell'immagine in basso, il reggiano è con l'altro azzurro Ruggiero Pertile (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)
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