(m.s.) In questi mesi, in tanti hanno scritto (troppe) cose su Oscar Pistorius. Non voglio (scusate, ma una volta ogni dieci anni ci si può anche concedere di parlare in prima persona) aggiungermi a questo sterminato esercito di opinion-leaders, di scienziati della parola, di depositari di ogni forma di verbo, di professionisti della certezza. Mi limito però solo ad una, amara, considerazione. Ci sono pochi vincitori in questa storia, ed una grande sconfitta: l'atletica. Che si sia dovuti arrivare al TAS per stabilire che un uomo privo delle gambe non trae vantaggio dal suo essere "diversamente abile", è il trionfo dell'assurdo. Che l'atletica non abbia saputo cogliere autonomamente, e con i giusti automatismi, il valore di una sfida che avrebbe restituito significato, primato a tutto lo sport, fa male, fa davvero male. In quei giorni, dopo il Golden Gala, l'ho chiesto a tanti, senza ricevere risposta: a che serve lo sport? A che cosa serve, questo benedetto sport? La risposta va letta negli occhi di quelli che, grazie a Pistorius, hanno scoperto che esiste un mondo "altro". E l'hanno finalmente guardato senza pregiudizi. Può l'atletica non andare fiera di questo? Grazie Oscar. Ci vediamo al Golden Gala, casa tua.
Nella foto, Oscar Pistorius al Golden Gala 2007 (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)
fidal.it
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