domenica 6 luglio 2008

Stefano Baldini: «A Pechino per difendere l'oro di Atene»

RUBIERA. Lo hanno definito l'unico bianco in grado di spaventare gli africani, ma Stefano Baldini è soprattutto l'amico della porta accanto, che ha avuto la costanza di crederci finché si è trovato nel posto giusto, al momento giusto e con la preparazione adeguata per un successo che fa già parte della storia. Una medaglia d'oro nella maratona, specialità regina delle Olimpiadi. Un trionfo che ci riporta al 2004, ma che è solo la ciliegina su una carriera di oltre quindici anni. In tanti lo hanno affrontato. Qualcuno lo ha battuto, ma pochi possono vantare la sua longevità agonistica. Quella di Pechino, il prossimo 24 agosto, sarà la sua ultima maglia azzurra e, nonostante numerosi problemi fisici ne abbiano ostacolato la preparazione, Baldini sarà al via. In vista di un futuro da dirigente dello sport o, perché no, da impiegato. Perché, come tradizione contadina insegna, il successo non dura tutta la vita e il pane bisogna guadagnarselo. Anche se sei campione olimpico.
Baldini, rispetto a un mese fa, ora è tutto a posto?
«Magari. Sono stato fermo un mese e solo dal 15 maggio ho ripreso ad allenarmi duramente per arrivare al 24 agosto in condizioni decenti. Un mese è tanto per chi fa atletica. Questo non è uno sport di squadra. Devi fare tutto da solo e nessuno ti regala niente».
Ci sono speranze per una nuova medaglia?
«Per strada la gente mi chiede di vincere, ma non sa che quando non c'è la condizione tutto diventa difficile. Rivincere la maratona, oggi, è impossibile per me che sono partito dal fondo. Sto stringendo i denti. Mancano sei settimane alla gara e sinora sta andando tutto come previsto da me e Gigliotti (lo storico allenatore della squadra azzurra e tecnico di Baldini, ndr), anche se avrei preferito fare passi più lunghi».
Perché ha accettato di andare se non sta bene?
«Sento il dovere di andare, per tanti motivi. L'oro che ho vinto da difendere; i colori della nazionale da onorare; per quello che questa disciplina mi ha dato e per un evento che nella vita di un atleta è il massimo. Avrei preferito andarci in condizioni diverse, ma si deve accettare il fatto che gli anni passano e gli acciacchi arrivano».
E i commenti negativi in caso di ritiro veloce?
«L'importante è non ascoltare, ma se proprio devo pensarci dico che Baldini merita rispetto per quello che ha fatto nello sport e per come si è sempre comportato come persona. Criticare è gratis e, soprattutto di questi tempi, mestiere di tanti. Noi partiamo preparati e umili. Così torneremo soddisfatti di quello che abbiamo fatto. Come se non avessimo mai vinto niente».
Davvero, con Gigliotti, non pensate a una medaglia?
«Non ne abbiamo mai parlato per nessun evento. Ma ci sono stati momenti in cui provavo sensazioni che adesso non ho. Non è appagamento, solo una serie di problemi fisici che mi impediscono di pensare positivo».
Sarà l'ultima maratona?
«Sicuramente sarà l'ultima gara con la Nazionale, così come per Gigliotti sarà l'ultima da allenatore azzurro. Poi, magari, le cose a Pechino andranno bene e qualcosa potrei rivedere. Per il ritiro, però, c'è ancora tempo».
Intravede un altro Baldini tra gli azzurri?
«Purtroppo non c'è ricambio e mancano corridori di 25-26 anni. Prevedo un periodo di magra per i nostri colori. Tra i ventenni, invece, qualcosa c'è. Ma ci vorrà tempo e, da parte degli atleti, lo spirito di sacrificio giusto che porta a non ottenere risultati per dieci anni».
Neanche in famiglia?
«Quando qualche parente fa una gara, viene subito paragonato a me. Non vorrei dare troppa responsabilità a qualche nipote. Anche perché, senza mancare di rispetto, credo di aver fatto qualcosa di veramente importante in questa disciplina. Mi piacerebbe riuscissero a praticare la disciplina che più gradiscono, stando con gli altri e socializzando facendo sport come ho fatto io per tanti anni».
Perché in pochi scelgono l'atletica?
«Corsa e maratona sono praticate da tanti, ma lo sport agonistico in generale, trova poche persone disposte a fare sacrifici. In campo nazionale abbiamo buoni atleti in prospettiva, ma quando vanno fuori dai confini nazionali, devono essere pronti e prendere delle batoste. Solo così si cresce e ci si migliora».
Sarà la sua quarta Olimpiade.
«Sono stato fortunato e circondato da persone giuste. Mi piace quello che faccio e questo mi ha permesso, passo dopo passo, progredendo, di godere di quello che facevo. Non ho rimpianti, perché ho avuto tutto».
Alessia, invece, che medaglia vorrebbe?
«Quando ho vinto ad Atene aveva 3 anni. Nel 2006, ha partecipato maggiormente al trionfo europeo. Forse manca una vittoria recente, da poter conservare nella memoria. Ma ora, anche quando vado male, dice che sono stato bravo. E' di grande conforto».
La maratona le ha dato tanto, ma cosa le ha tolto?
«Ho sempre cercato di incastrare tutto in modo da non perdere di vista famiglia, amici e lavoro. Ripeto. Ho avuto tutto e non ho rimpianti».
Ma qual è il suo segreto?
«Sono un agonista anche quando gioco a briscola. Questo mi ha aiutato parecchio, così come raggiungere certi traguardi in età matura. Certe situazioni si gestiscono meglio».
Cosa farà da grande?
«Devo ancora deciderlo, ma ci sto pensando. Subito, forse, farò una vacanza. Poi, dovrò vedere che opportunità mi verranno offerte e pensare su quale treno salire, perché, quelli come me, non hanno molte chiamate. Finita la carriera, spesso, si viene dimenticati».
Vuole lavorare con tutti i soldi che ha guadagnato?
«Intanto non è così, e poi, nella vita, non si può stare fermi. Non a caso, corro da quando ero bambino».
Si vede dietro la scrivania alla Calcestruzzi Corradini, come vent'anni fa?
«Forse. Oppure a commentare per la Rai, o in una radio a fare il deejay o in casa a scrivere un altro libro, come mi è stato già proposto. Vedremo. Ora però c'è un'Olimpiade da preparare».
Forse prenderà il posto di Gigliotti come tecnico della nazionale?
«Per quello occorrono tre anni per prendere il patentino. No, non sono ancora pronto per un ruolo simile, ma è chiaro che vorrei rimanere nello sport».
Per cosa baratterebbe la medaglia d'oro di Atene?
«Per niente al mondo».
Dice sempre che la maratona si corre più con la testa che con le gambe. Ma ad Atene non era in crisi per la separazione da Vilma De Angelis?
«Evidentemente non era così. Anzi. Devo dire che ero proprio al massimo _ sorride divertito _ anche se di gare ne ho fatte altre molto belle. Ma quella vittoria è la realizzazione di un sogno che comincia quando corri per la prima volta».
Qualcuno ha detto che le mancano le motivazioni.
«Il solo voler partecipare per essere competitivo dovrebbe essere un valido motivo. Chi mi ha seguito sa che dopo Atene, il 2005 e il 2007, non sono andati bene, ma nel 2006 ho vinto l'Europeo e fatto il record italiano. Se non si ha voglia di fare, non si centrano simili risultati. Erano solo guai fisici».
Che percentuali si dà, a sei settimane dallo start?
«Un per cento di vincere, qualcosa in più di salire sul podio. Ma la vera vittoria, sarà riuscire a fare bella figura. Purtroppo, però, ho abituato tutti troppo bene e, forse, non sarà sufficiente».
Teme più l'afa, lo smog, il percorso, i keniani o i problemi legati alla politica, in vista della gara del 24 agosto?
«Il clima mi spaventa molto, anche se preferisco l'umidità al freddo. Da questo punto di vista è la gara più difficile che abbia mai corso. Sarà una sofferenza tutto quel caldo e quell'umidità. L'organizzazione ha cercato di sopperire mettendo gli spugnaggi ogni chilometro. Una scelta giusta».
Quale sarà la sua strategia?
«Dovrò gestire il serbatoio energetico, soprattutto nei primi trenta chilometri, distribuendo bene le energie. Lì ci arrivano tutti, ma la gara vera inizierà dopo. Dovrò bere tanto e trarre indicazioni dalla gare delle donne che, come ad Atene, correranno prima di noi».
E la pista?
«E' un tracciato veloce, ma questo aspetto non sarà utilizzabile per il clima. E' anche molto piatto, e questo lo renderà noioso. Ci sono due rettilinei di quasi cinque chilometri l'uno che ci vedranno correre al sole, visto che sotto le piante, al riparo dalla calura, verranno posizionate le transenne per il pubblico».
Gli avversari saranno ancora una volta africani?
«Il Kenya, per la prima volta, schiera una squadra che punta alla vittoria. Tre atleti che corrono in maniera differente e che, quindi, sapranno interpretare la corsa in qualsiasi situazione. Poi ci sarà quella ventina di atleti con personali di 2:08' che puntano ai piazzamenti».
Sarà il più anziano al via?
«Dell'Italia d'atletica, sì. Della maratona, no. C'è un israeliano che le corre tutte e ha più di cinquant'anni».
Le spiace non ci sia il brasiliano De Lima?
«La mia medaglia d'oro verrà sempre abbinata a quell'episodio (un invasore bloccò la fuga del brasiliano, già in affanno, che arrivò secondo, ndr) ma mi spiace per lui. Non penso a una rivincita. Sarebbe una sfida tra vecchietti. Ma per lui sarebbe stato importante esserci».
Le spiace non essere il portabandiera?
«Antonio Rossi è un amico ed è alla quinta olimpiade. Giusto che sia lui a portare il tricolore. La mia vittoria è più fresca e anche più significativa, ma lui di medaglie ne ha vinte anche di più. Giusto così».
La Ferretti e la Vezzali saranno le altre «reggiane».
«Francesca è anche tra le favorite, perché la nazionale di volley è molto forte. Valentina è una garanzia».
E Baldini?
«Lotterà al cento per cento e non andrà a Pechino a fare la comparsa. Questo è sicuro».


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