Ultime dal mondo
Pochissimi i risultati da segnalare in prossimità dei Giochi Olimpici: i più interessanti dal settore lanci. La scorsa settimana Valeria Vili-Adams è tornata in pedana ottenendo 20.08, mentre a Budapest il vice-campione olimpico del disco Kovago ha ottenuto 68.17 nell'ultimo test prima di Pechino. Ancora dal disco, 64.70 del turco Olgundeniz (primato nazionale).
Dai teams, notizie e rinunce
In non perfette condizioni il sudafricano Mokoena, avversario "storico" di Andrew Howe, sofferente a un ginocchio, osservato speciale dei medici della nazionale sudrafricana al camp di Daegu, in Corea. Altri saltatori in lungo alle prese con infortuni e non ancora certi di scendere in pedana per le qualificazioni di sabato prossimo sono Gable Garenamotse (Botswana, 8.22 quest'anno) ed il britannico Tomlinson.
Dopo essere stata sotto stretto controllo per alcuni giorni dallo staff medico della nazionale giapponese, la campionessa olimpica di maratona Mizuki Noguchi,già rientrata con alcuni giorni di anticipo dall'intenso stage in altura a Saint Moritz perché troppo affaticata e vittima di un infortunio muscolare, ha dichiarato forfait. Le cure non hanno dato l'effetto sperato. Anche Paula Radcliffe non appare completamente integra, ma sarà al via. Al contrario, appare in eccellenti condizioni un'altra maratoneta giapponese, Yurika Nakamura, che per due mesi si è allenata in Nuovo Messico e Colorado.
Svezia: gli scandinavi sono di base a Fukuoka, e per Susie Kallur le notizie sono confortanti. Non gareggia da due mesi ma è data arruolata per l'inizio delle gare di atletica dei Giochi. O.K. anche Holm, campione olimpico del salto in alto, che ha sostenuto un ottimo allenamento nel fine settimana. carolina Klüft, invece, oltre al lungo disputerà anche il salto triplo.
Effetto-Pettigrew
Il consiglio della Federazione Internazionale ha tolto dalla cronologia dei primati del mondo il 2:54.20 ottenuto dalla staffetta 4x400 USA a Sydney. La decisione era nell'aria e appariva oltremodo scontata per via delle recenti confessioni di Antonio Pettigrew, secondo frazionista di quella nazionale, sull'uso di sostanze dopanti. La medaglia d'oro era già stata restituita (la nuova classifica vede Nigeria oro, Giamaica argento e bronzo alle Bahamas), e per effetto di questa cancellazione il "nuovo" primato del mondo torna ad essere quello ottenuto a Stoccarda dalla nazionale USA composta da Valmon, Watts, Reynolds e Johnson (2:54.29). Per Pettigrew si profila, probabilmente, anche la cancellazione di ogni suo risultato a partire dal primo gennaio 1997, incluso il personale di 44.21 ottenuto nel 1999. Curiosità: tra i nigeriani degni finalmente dell'oro c'è il popolare Sunday Bada, oggi 39enne, che è il direttore tecnico della nazionale africana.
A che Giochi giochiamo
Nomi, prospettive e curiosità delle gare del programma di atletica delle Olimpiadi in un escursus per settore, iniziando dal programma maschile.
Velocità
Il tormentone planetario dell'anno si avvita su tre nomi popolarissimi: Usain Bolt, Asafa Powell, Tyson Gay. Il primo ha scoperto i 100 metri e li ha reinventati in poche accecanti battute, il secondo ha attraversato più di uno stop ma è apparso rivitalizzato nelle ultime uscite, il terzo ha entusiasmato ai Trials prima di perdere il bus sui 200 per un infortunio muscolare, dal quale appare recuperato.
Alle spalle del terzetto dei favoriti, si muovono famelici gli altri due americani Dix (anche sui 200) e Patton (alla migliore annata), il trio di Trinidad Thompson, Brown e Burns (soprattutto quest'ultimo) e Atkins, medagliato a Osaka. Dal fronte europeo, in ombra finora Obikwelu, l'unico che appare in grado di insidiare gli sprinters d'oltreoceano è il norvegese nero Ndure. Da ricordare che nessun giamaicano ha mai vinto una medaglia d'oro alle Olimpiadi sui 100 metri, e che l'ultimo a salire sul podio fu Don Quarrie nel lontano 1976.
Sui 200 il margine tra i quattro più forti (Bolt, Dix, Spearmon e Crawford) ed il resto dell'umanità appare, sulla carta, ancora più ampio. Bolt sembra senza rivali per l'oro, ma dopo quattro turni di cento metri andrà rivalutato. Per l'Europa ancora Ndure, capace la scorsa stagione di scendere sotto i 20 secondi. Per la cabala, nelle ultime quattro manifestazioni globali (Parigi Saint-Denis, Atene, Helsinki e Osaka) ha sempre vinto uno statunitense. L'ultimo oro giamaicano è del 1976 (ancora Quarrie).
Altro leit-motiv sui 400 metri: Wariner e Merritt partono da un parziale di 2 a 2, coi primi due rounds (Trials compresi) a Merritt e le uscite finali a Wariner. Vantaggio psicologico a chi avrà in sorte la corsia interna nella finale. All'ombra dei due grandi, nella stagione in corso, c'è sempre stato il 30enne bahamense Brown, terzo quando li ha trovati entrambi, secondo quando ce n'era uno solo.
Puntano al podio anche il canadese Christopher e qualche altro caraibico come Chambers e Bain. Per l'Europa una notizia: i britannici hanno di nuovo un quattrocentista: è Martin Rooney, bianco e determinatissimo. In crescendo anche Djhone, il francese della Costa d'Avorio. Tornando a Wariner, da quando è passato alla categoria senior ha sempre vinto l'ro quando chiamato all'appello, Olimpiadi (uno) e mondiali (due). Pianeta staffette: USA e Trinidad hanno mostrato le cose migliori, ed i primi senza l'apporto di Tyson Gay. Per la 4x400 stesso discorso, ma la bilancia pende ancor più dal lato statunitense.
Mezzofondo
In tanti mirano a soffiare l'oro ad uno dei predestinati di questa stagione, il giovanissimo sudanese Kaki. In inverno si è laureato iridato mondiale indoor, in estate ha demolito il mondiale junior. Su tutti, l'avversario più pericoloso per l'africano resta il campione olimpico Borzakovskiy, ma per la vittoria potrebbero dire la loro anche il ben noto Kamel (o Gregory Konchellah che dir si voglia), il sudafricano Mulaudzi, il canadese Reed, il mrocchino Laalou.
Mancherà l'altro grande gioello africano, il kenyano Rudisha, che ha saltato il passaggio obbligato dei Trials per un infortunio. Da seguire (a questi livelli) la novità cubana Lopez ed il piccolo Yego, già autore di un clamoroso colpaccio ai mondiali di Osaka. Da tre edizioni dei Giochi, l'oro va a un atleta europeo. Che non è mai stato Wilson Kipketer, ma un europeo bianco.
1500 e 5000 metri: l'opzione in grado di decifrare la lotta per le medaglie sarà il ritmo, soprattutto sui 5000. Non è ancora dato di sapere se su quest'ultima distanza gareggerà Kenenisa Bekele, dopo l'impegno sui 10000 metri, ma a difendere i colori etiopi ci sarà il fratello Tariku e lo junior Cherkos. Gli etiopi non vincono un oro sui 5000 da otto anni. Se il tabellino di corsa non sarà indiavolato, i più cattivi negli ultimi metri restano ancora Bernard Lagat e Rashid Ramzi, che affronteranno anche la lotteria dei 1500. L'Africa presenta due gioielli sui 1500, Choge e soprattutto Kiprop, e l'affidabile Kipchoge sui 5000. Maghreb in grande stile sui 1500, con algerini e marocchini in grado di inserirsi nelle primissime posizioni. Lontano dall'Africa, ma con minori chances, il neozelandese Willis ed il trio europeo Higuero-Baala-Baddeley.
Occhio all'ugandese Boniface Kiprop, che doppierà sui 5000 dopo i 10000. Il pronostico, sulla distanza più lunga del programma della pista, resta sostanzialmente chiuso in favore di Kenenisa Bekele, che troverà in Sihine l'ideale sparring-partner. I due si dividono oro e argento ormai da Atene, passando per Helsinki e Osaka. Sembra certo che sarà al via anche Gebrselassie, all'ultima Olimpiade su pista. Non si conoscono le condizioni di Zersenay Tadese, l'eritreo, terzo alle ultime Olimpiadi. Il Kenya manda in pista Masai, Kogo e Mathathi, in grado di far paura a chiunque.
Le siepi e la maratona
Aggregato alla squadra anche Koech (ma come riserva), il Kenya vince ininterrottamente dal 1988 l'oro olimpico o mondiale delle siepi, se consideriamo "kenyano" anche il doppio oro di Shaheen (Qatar, ex-Stephen Cherono), qui assente per i postumi di una serie di infortuni. Sempre dal 1988, i kenyani hanno ceduto solo una volta l'argento (Edmonton 2001), e si sono portati a casa anche il bronzo in 4 delle ultime 5 manifestazioni globali.
Numeri da spavento a parte, alle pendici del podio si muovono in parecchi, nella speranza di un passo falso (metaforico o reale, visto quanto accaduto a Koech ai Trials kenyani) dei tre favoriti Kemboi, Kipruto e Matelong: si tratta dello svedese nero Mohamed, del marocchino Ezzine, del solito Tahri, degli arabi orientali Taher e Kamal. Maratona: finalmente il meglio anche alle Olimpiadi, da Lel a Wanjiru, da Cheruiyot a Goumri, da Shami al fenomeno USA Hall.
Marocchini ed etiopi attenteranno all'oro che da sempre, in sede olimpica, manca alla sterminata collezione del Kenya, capace a tutt'oggi di mettersi al collo il metallo più prezioso solo in due edizioni dei mondiali. Da ricordare anche gli europei, rappresentati ad altissimo livello dal campione olimpico Baldini, dallo svizzero Röthlin, dal francese ex-kenyano Munyutu e dagli spagnoli. L'umidità potrebbe lasciare al palo parecchi, qui come nella marcia. Strategia di corsa sì, ma anche di acclimatamento, per la volata vincente.
Ostacoli
Con gli occhi e le speranze della Cina addosso da quattro anni, il campione olimpico Liu Xiang parte da co-favorito assieme al neo-primatista del mondo Robles. Per il cinese anche un rallentamento della preparazione nelle scorse settimane per un leggero infortunio, per il cubano solo esibizioni magistrali. Nell'orbita del duo gravitano anche David Oliver, miglior statunitense della stagione, il 30enne Trammell, già doppio argento olimpico e doppio argento mondiale, e l'altro cinese Shi Dongpeng. L'Europa conta ancora sul francese Doucouré, in ripresa dopo una sconcertante crisi tecnica. L'ultimo europeo bianco a salire sul podio olimpico è stato il gigante tedesco Schwarthoff, ad Atlanta.
400 ostacoli: specialità che attende ancora di sapere se il campione olimpico Sanchez sarà della partita. Partono favoriti gli americani (Clement, Jackson e Taylor, olimpionico a Sydney), mentre tra gli outsider i più incarogniti sembrano essere il sudafricano Van Zyl, il 36enne giamaicano McFarlane, il polacco Plawgo. L'Europa non si mette l'oro al collo dal 1980, ma nell'anno del boicottaggio non c'erano gli americani. Quindi occorre realisticamente risalire fino al 1968, quando "Sir" David Hemery vinse l'oro quaranta anni dopo un "Lord", Burghley, nel trionfo dell'Union Jack.
Salti
Stefan Holm proverà ad essere l'unico atleta capace di vincere due Olimpiadi nel salto in alto. A contrastare lo svedese dalle caviglie dinamitarde saranno il russo Silnov, campione d'Europa e recuperato alla causa olimpica dopo il 2.38 di Montecarlo (inizialmente era riserva), l'altro russo Rybakov ed una lunga serie di outsiders in cerca della giornata-sì (Helsinki 2005 insegna). Tra questi, l'africano Kgosiemang, il campione del mondo Thomas (alle prese con problemi tecnici e fisici), il cipriota Ioannou (sul podio a Osaka), i saltatori USA ed i soliti europei d'assalto. Assenti il cubano Moya e il tedesco Onnen. Tre azzurri in pedana, Campioli, Bettinelli e Talotti. Gli ultimi altisti italiani a classificarsi tra i primi otto furono Rodlofo Bergamo a Montreal e Giacomo Crosa (ora popolarissimo volto sportivo Mediaset) a Città del Messico.
Nell'asta la novità russa Lukyanenko (6.01) ha guadagnato posizioni nella considerazione generale sullo statunitense Walker. Non è una grande annata per l'asta, alla ricerca di un oro olimpico non-USA dopo i successi di Hysong e Mack. Molto compatta la Germania (Lobinger, Ecker ed il primatista mondiale junior Holzdeppe), in odore di medaglia l'Australia (Hooker), in agguato l'Ucraina con Mazuryk e Yurchenko.
Come e più che nei 400 ostacoli, anche nel lungo l'Europa non sale sul gradino più alto del podio da una eternità. A Mosca, anche senza il boicottaggio, probabilmente Dombrowski non avrebbe avuto rivali, ma a parità di condizioni l'ultimo successo europeo con tutti i migliori risale all'edizione di Tokyo del 1964. A Pechino Irving Saladino salta da favorito, per quanto fatto vedere nelle scorse stagioni e per l'avvio di stagione straordinario. Del podio di Osaka manca Phillips, campione olimpico uscente e non abilitato dopo i Trials. Parecchi saltatori sono reduci da infortuni ed hanno ridotto o sospeso l'attività pur di presentarsi in pedana ai Giochi: l'argento mondiale e campione d'Europa Howe, Mokoena, Garenamotse, Tomlinson. I più regolari sono sembrati i sauditi Al-Khuwalidi e Al-Sabee. Mai fuori dalla Grecia il talento Tsatoumas, esploso in Spagna il cubano Camejo, a corrente alternata i saltatori USA. Una roulette senza una storia già scritta.
Triplo: il più in forma pare essere sempre il nero inglese Idowu, che ha calamitato l'attenzione fin dalle indoor, con titolo mondiale a suon di 17.75. Nel frattempo sono cresciuti ancora i cubani e si sono fatti sotto il grenadino Lewis ed i russi. Occhio a Evora, gioiello portoghese campione del mondo, e al brasiliano Gregorio. Orfana di Davis ed al 99% di Olsson, la specialità è nel mirino dei britannici ad otto anni dal successo di Jonathan Edwards.
Lanci
"Sfida all'OK Corral" per i pesisti USA, ma con la scheggia Mikhnevich in grado di mettere tutti d'accordo. Nelson, Hoffa e Cantwell sono i giganti in pole position per il podio, ma il bielorusso già campione del mondo si è ripresentato recentemente alla grande nella soglia dei 22 metri. Ultimi due successi olimpici all'Europa, gli USA mancano l'oro dal 1996. Tra gli altri attori, Majewski, Sack, Smith (tutti europei), e il canadese Armstrong.
Disco fantastico: la sfida a due (Alekna-Kanter) è diventata un affare a quattro se non di più. L'iraniano Hadadi ha bombardato a più riprese le immediate vicinanze dei 70 metri, lo spagnolo Pestano ne sta diventando un frequentatore assiduo. Il polacco Malachowki ed il tedesco Harting non intendono fare sconti a nessuno. Completano il quadro dei magnifici otto l'olandese Smith ed un altro spagnolo, l'ex-cubano Casañas.
Martello con nove atleti iscritti oltre gli 80 metri nel 2008. A tre centimetri dalla grande soglia, il nostro Lingua ed il tedesco Esser. I nomi del giro grosso sono sempre quelli, Murofushi, Tsikhan, Devyatovskiy, Pars, Kozmus. L'Europa orientale porta anche il turco Apak (sul podio a Atene) e lo slovacco Charfreitag. Capitan Vizzoni è alla migliore stagione dal 2001. C'è anche il campione di Sydney Ziolkowski.
Nel giavellotto Sergey Makarov è all'ultima apparizione, poi si ritirerà. Ha al suo attivo due bronzi, e proverà a inserirsi nella lotta che, sulla carta, vede favoriti il campione olimpico uscente Thorkildsen ed il finlandese Pitkämäki. Outsiders: il lettone Vasilevskis (argento a Atene), l'australiano Bannister (capofila stagionale), il resto dei finlandesi.
Decathlon
Partono con i favori del pronostico Bryan Clay e il bielorusso Krauchanka, ma il superman Sebrle ha ultimamente sostenuto test assai confortanti prima di partire per Pechino. C'è il redivivo Pappas (oro a Parigi) e soprattutto il nome nuovo Suarez, cubano in continua ascesa. Per i Caraibi il giamaicano Smith, per il Kazakistan il bronzo olimpico Karpov.
Marcia
Fuori gioco Deakes (infortunio) e Kanaykin (sospeso), in condizioni non ottimali il francese Diniz, si riduce il campo dei pretendenti alla posta più alta sulla 50 chilometri (restano il russo Nizhegorodov, l'azzurro Schwazer, i cinesi), mentre per la 20 chilometri il nome di maggior peso è sempre quello dello spagnolo Fernandez, che dovrà fare i conti con Jefferson Perez, il messicano Sanchez, i russi. Al via della 20 km il campione olimpico Brugnetti, Giorgio Rubino, i quotati Tysse, Tallent, e per l'Africa Ghoula.
Le Olimpiadi delle donne: velocità
Il binomio USA-Giamaica ha viaggiato alla massima velocità per gran parte della stagione, con la punta massima nei rispettivi Trials. La Campbell ha pagato il prezzo più alto nei 100 (riserva), ma parte favorita sulla distanza doppia. Simpson e Stewart (un po' meno la Fraser) appaiono le avversarie più forti per le americane Williams, Edwards e Lee (sui 100) e Felix, Hooker e ancora Williams sui 200. Ad Atene, Campbell oro, Felix argento.
Nei 400 nessuna delle medaglie di Atene sarà al via. Il pronostico pende per Sanya Richards, il resto della corte si divide in giamaicane e britanniche (nere e bianche). Staffette: superlativa la 4x100, con giamaicane e statunitensi in pole-position. Il duello potrebbe replicarsi nella staffetta del miglio, con un significato tecnico di caratura inferiore a quello della staffetta veloce. In agguato le russe, in entrambe le gare.
Mezzofondo
Doppio terremoto: il primo ha il nome di Pamela Jelimo, che a colpi di primati mondiali junior ha riscritto la specialità interpretando le gare come se non ci fossero avversarie . Il secondo porta il nome di Yelena Soboleva, sospesa a pochi giorni dai Giochi assieme ad altre pretendenti russe al podio dei 1500. Senza la Soboleva, l'unica a poter contrastare la Jelimo sulla carta, il parco delle pretendenti al podio degli 800 si allunga (e per la finale si estende a macchia di leopardo), mentre per i 1500, fuori le russe più forti, le aspettative convergono su Maryam Jamal (Bahrain, ex-Etiopia) e Burka (Etiopia 100%).
5000 e 10000 sono terreno di caccia etiope. Ad Atene Meseret Defar partì da riserva e vinse l'oro, mentre la 19enne Dibaba giunse al bronzo. Sembra che le due superstar del mezzofondo femminile eviteranno di farsi del male a Pechino. Defar sui 5000, Dibaba solo sui 10000, per volere della direzione tecnica federale. Sulle distanze più lunghe le russe potranno dire da loro. Africane di contorno: le altre etiopi e le kenyane, le olandesi ex-Kenya Kiplagat e Kibet, la neozelandese Smith, la statunitense Flanagan. Occhio alla outsider cinese: si chiama Zhang Yingying, ha solo 19 anni.
Le siepi e la maratona
Debutto olimpico per i 3000 siepi femminili: russe (capeggiate da Gulnara Samitova-Galkina) contro africane per il primo titolo olimpico. Attenzione a Marta Dominguez: trapiantatasi sulle siepi, può far male a molte. La cinese Zhou Chunxiu è l'unica delle atlete di casa in grado di poter imporsi (maratona). Viene da vittorie importanti e cronometricamente è tra le migliori. Delle medagliate di Atene non ci sarà l'oro Noguchi, il cui forfait è stato annunciato ieri mattina. Al via la Radcliffe (ad Atene patì il ritiro), le etiopi Wami, Tune e Adere, le russe, la britannica Yamauchi e le giapponesi, sempre temibilissime.
Ostacoli
I 400 ostacoli cercano una regina: senza Pittman-Rawlinson, Demus, Pechonkina e l'idolo di casa Huang Xiaoxiao, le migliori sono le giamaicane (Walker su tutte), le statunitensi e la polacca Jesien. Al via anche la greca Halkia, che ad Atene strabiliò. Sui 100 ostacoli non si è qualificata l'olimpionica Hayes. Lolo Jones ha dominato fin qui la scena, la McLellan ha stupito l'Australia e il mondo, le giamaicane si sono rifatte sotto. Una incognita la Kallur, senza gare due mesi.
Salti
Le regine abitano qui: Vlasic e Isinbayeva partono dall'alto di prestazioni eccezionali e, relativamente alla russa, primati del mondo. Se per la croata i pericoli più consistenti possono arrivare dall'olimpionica Slesarenko, dall'altra russa Chicherova e dalla tedesca Friedrich (tutte in più occasioni oltre i due metri), per la Isinbayeva ci sono le connazionali Feofanova e Golubchikova e la polacca Pyrek. Un minimo passo falso, e anche la brasiliana Murer e l'americana Stuczynski rientrano in gioco. Per l'Italia, Antonietta Di Martino, argento mondiale a Osaka, completa l'élite europea dell'alto assieme alla belga Hellebaut. Dietro la Vlasic, tutto può succedere.
Doppio salto per Tatyana Lebedeva, in gara nel lungo (dove è olimpionica uscente) e nel triplo (dove ad Atene fu di bronzo). Nel triplo le più forti sono ancora quelle di 4 anni fa (Devetzi e Mbango Etone), con l'inserimento di Yargelis Savigne, cubana doc, che può mettere tutte d'accordo, come a Osaka. Nel lungo le russe andranno a caccia della portoghese Gomes, che a Sydney rappresentava Sao Tome & Principe. 29enne, è l'unica atleta in gara ad aver superato i sette metri. E la Klüft? Cerca nuovi stimoli dopo aver schiantato l'eptathlon.
Lanci
Peso che potrebbe rivivere del duello visto ad Osaka tra la neozelandese Vili e la bielorussa Ostapchuk. Il ritorno della Khoroneko (ora sposata con Mikhnevich) e la grande stagione della Kleinert possono aprire un fronte inatteso nel binomio. Cinesi all'avanguardia, ma i centimetri da colamre sembrano tanti.
Nel disco è out la leader russa Pishchalnikova. Paradossale che ora la favorita sembri essere l'altra russa Sadova, che dall'esilio è tornata solo due mesi fa. Anziane ed espertissime le outsiders, la romena Grasu e la bielorussa Yatchenko, in assenza dell'altra veterana Dietzsch. Una specialità incapace di rinnovarsi.
Dopo l'ecatombe che ha tolto di mezzo Lysenko, Khoroskihk e (per ultima) la Khanafeyeva, la cubana Moreno rivede i migliori orizzonti, e la specialità potrebbe riservare delle sorprese. L'Europa orientale ha ancora molte frecce al proprio arco con Bielorussa, Slovacchia e Croazia. C'è la Heidler, iridata a Osaka. L'azzurro ha il nome di Clarissa Claretti, combattente di razza.
La ceka Spotakova e la tedesca Obergföll hanno una certa familiarità con la linea dei settanta metri, per averla avvicinata o già oltrepassata. La campionessa cubana Menendez è in ripresa, la Nerius all'ultimo assalto, ,emtre in agguato sono la graziosa britannica Sayers e la russa Abakumova, appena 23enne.
Eptathlon
Con la rinuncia della Klüft porte aperte per le scuole centro ed euro-orientali (Blonska, Chernova, le polacche e le tedesche) e per la muscolosa americana Fountain. In crisi la pantera nera Barber (non selezionata), in condizioni non perfette la britannica Sotherton.
Marcia
Con in gara la campionessa olimpica uscente Tsoumeleka, le russe appaiono le probabili protagoniste, Kaniskina in testa. La norvegese Tysse-Plâtzer, la portoghese Santos e la bielorussa Turava ambiscono ai piani alti. Azzurro nel nome di Elisa Rigaudo, altra combattente.
Marco Buccellato
fidal.it
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