La parte più bella, più emozionante è venuta alla fine, quando i cinesi hanno espresso attraverso la meravigliosa "torre della memoria" tutto il loro dolore per la fine di questi Giochi della XXIX Olimpiade. Con la loro perfetta organizzazione, le performance straordinarie e a volte sospette, la repressione del dissenso che è continuata anche durante la tregua olimpica e la vigliaccheria del Cio che ha nascosto la testa sotto la sabbia, i Giochi di Pechino se ne vanno in grande stile. La cerimonia di chiusura, se possibile, è stata in alcune parti persino più bella di quella che, 15 giorni fa (l'8 agosto alle 8...) li aveva aperti.
LA GALLERIA FOTOGRAFICA
Addio a Pechino che, comunque, ha permesso al mondo di aprire sulla Cina un focus che sarà impossibile chiudere. E il regista Zhang Yimou, autore di entrambi i megashow (quello di questa sera e quello di 15 giorni fa), a suo tempo abbastanza dissidente, oggi piuttosto cooptato, ha forse voluto dire al mondo: "Non dimenticateci, non chiudete gli occhi su questo Paese". Per questo, forse, nella sceneggiatura di Zhang, s'insiste tanto sulla "riunione" della gioventù di tutto il mondo sotto i cinque cerchi olimpici e, poi, sulla memoria.
E quella enorme fiaccola che sembrava non volersi più spegnere è stata sostituita, immediatamente, in mezzo al "Nido d'uccello" da una torre alta 23 metri costruita con 30 tonnellate d'acciaio (un anno solo per disegnarla) che ha riprodotto in altra forma il fuoco di Olimpia perduto e ormai in metaforico viaggio verso Londra. Sulla torre sono saliti 396 figuranti che, muovendosi all'unisono, salendo, scendendo e spenzolandosi dalla struttura hanno riprodotto la stessa fiamma, disegnato dei fiori e altre figure. Insomma, hanno fatto rimanere a bocca aperta il pubblico per qualche minuto.
La Cina, dunque, ha restituito quasi a malincuore le sue Olimpiadi al Cio e il sindaco di Pechino Guo Jinlong ha consegnato al "major" di Londra Boris Johnson la bandiera dei cinque cerchi che fra quattro anni sventolerà sul Tamigi. Johnson ha offerto al pubblico di Pechino un saggio di "londinesità". Il "doubledecker" rosso con la scritta Beijing-London era un po' scontato, come i figuranti con gli ombrelli grigi tipo "Fumo di Londra" (speriamo che i Giochi inglesi non siano ricordati per la pioggia). David Beckham, poi, non si capisce bene cosa c'entri con le Olimpiadi in tempi in cui calcio e Giochi sono sembrati ai ferri corti. Chiaro comunque che è un'icona mondiale e il pallone da lui calciato in aria ha scatenato una piccola rissa tra un gruppo di mitissimi volontari che volevano impadronirsene. Meglio la nuova rock star Leona Lewis e il grande vecchio Jimmy Page (Led Zepellin) che ha cantato Wholelottalove in versione edulcorata e meno sensuale per i cinesi.
Poi la torre-fiaccola della memoria è stata come smontata e rimontata e persino "impacchettata" in grandi teli arancioni, mentre sulla cornice superiore dello stadio passavano le immagini salienti dei Giochi ed esplodevano i soliti straordinari fuochi artificali cinesi. Alla fine, in mezzo al "Nido", è rimasto una specie di grande fiore della memoria.
Prima, dopo un'introduzione anch'essa molto spettacolare (strane macchine semoventi, cerchi umani e migliaia di ballerini a formare e disfare figure) è partita la sfilata. In testa, tutti insieme, solo i portabandiera: per l'Italia, Clemente Russo, compreso nella parte e un po' sollevato dopo la sconfitta di ieri sera. Per la Giamaica doveva esserci Bolt, ma è comparsa una ragazza che poteva essere una delle velociste (la Simpson, o la Stewart o la Fraser). Dietro, a una a una, le squadre con gli atleti in ordine sparso che si sono andati ad ammucchiare gioiosamente in spazi delimitati da file di ballerine. Visti Baldini, i pallavolisti, la Di Martino e tanti altri. Tutti a fotografarsi, qualcuno a sventolare bandiere; nessuno (per quanto si è potuto vedere, né tra gli italiani né tra gli altri) con segni o gesti particolari sul tema Tibet-diritti umani.
Prima del gran finale, i discorsi brevissimi del presidente del Cio Jacques Rogge e di Liu Qi, presidente del Bocog. Rogge, ovviamente, non ha osato nulla. E non è andato oltre un "il mondo ha imparato di più sulla Cina e la Cina ha imparato di più sul mondo". Liu Qi ha risposto che il mondo "ha avuto fiducia nella Cina e la Cina è grata al mondo". Quindi ha parlato dello spirito olimpico "che non deve spegnersi". La fiaccola, poi, invece, si è spenta. Alla Cina rimane una grande nostalgia di questi quindici giorni irripetibili. repubblica.it
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